Sono TRADIZIONALista!

TRADIZIONE, TRADIZIONALE e TRADIZIONALISTI.

A Modena e a Reggio Emilia la TRADIZIONE porta un solo nome, quello dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP.  Differenti nella somiglianza dei disciplinari, entrambi hanno radici, storiche e gastronomiche, che provengono da molto lontano.  In ogni sua goccia è racchiusa l’essenza di ogni famiglia che, per usanza TRADIZIONALE, portava in dote le “batterie” di questo Oro Nero.

Diffidate da altri appellativi: se volete assaporare la TRADIZIONE, da bravi TRADIZIONALISTI, scegliete semplicemente il TRADIZIONALE.

Mi sono addentrata alla scoperta di questo gioiello nella realtà di Acetaia Malpighi, a Modena, che dal 1850 sorveglia e protegge un inestimabile tesoro: quasi 3.000 botti dove indugia placidamente il vero Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.

Con ricerca ed intraprendenza hanno saputo diversificare la produzione in tante proposte divertenti ed accattivanti per condire piatti freddi e creare nuove proposte gourmet.

Ma torniamo al protagonista di questo viaggio: il Tradizionale.

Non stupitevi di fronte alla sua complessità aromatica fatta di contrasti tra dolcezza e acidità: saprà avvolgervi armoniosamente con la sua singolare densità e corposità come quella di un vero nettare.

Partiamo dall’assaggio, l’espressione più empirica e primordiale di un prodotto, quella che trasmette le emozioni più forti ed inconsce. Della parte teorica ce ne occuperemo subito dopo, per apprezzare razionalmente tutto quanto.

Tasting Aceto Balsamico Tradizionale.

Affidiamoci ai nostri sensi e procediamo.

Qualche goccia di questo gioiello, distesa su di un semplice cucchiaino ci permetterà immediatamente di apprezzarne l’aspetto visivo, primo indicatore per qualsiasi esperienza di degustazione.

Il colore bruno e scuro come il cioccolato si mostra carico di intensità e lucentezza. Con leggeri e semplici movimenti ondulatori si percepisce una ricca densità simile a quella di uno sciroppo o addirittura del miele, ma su questo influirà anche l’invecchiamento del Tradizionale che si starà degustando.

Il profumo è penetrante e complesso: lascia già presagire la gradevole acidità al palato ma si mantiene ancora fragrante.

Come ultima analisi approfondiamo il gusto. Equilibrio tra agro e dolce, intenso e pieno, setoso e persistente per un bouquet finale che risulta estremamente caratteristico.

TIP:una possibile discriminante all’olfatto e al gusto potrà essere il legno della batteria utilizzata per l’invecchiamento. La scelta avviene tra legni autoctoni, combinando le tipologie o mantenendo una singola origine. Interessante la sua capacità di concentrare più rapidamente il gusto (Gelso), cedere maggiori essenze resinose (Ginepro) oppure addolcire il sapore (Ciliegio) al sentore di vaniglia (Rovere).

Andiamo nel dettaglio…

Eccoci al doveroso, quanto fondamentale, approfondimento teorico per un prodotto che ha ottenuto la protezione DOC nel 1986 e riconosciuto DOP dalla Comunità Europea nel 2000.

Il disciplinare della denominazione fissa le condizioni ed i requisiti fondamentali oltre a garantire che le operazioni di elaborazione, di invecchiamento e di imbottigliamento avvengano nel territorio della provincia di Modena.

Per rendere tutto più semplice, dividiamo il percorso dall’uva all’ottenimento Tradizionale in 5 fasi: la scelta delle uve, la cottura dei mosti, la fermentazione e ossidazione, la maturazione e, infine, l’invecchiamento.

Innanzitutto si parte dall’origine ampelografica che accetta come vitigni tutte le varietà e cloni di Lambrusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta e le uve dei vigneti iscritti alle DOC in provincia di Modena.

Le uve, dalla provincia di Modena, devono garantire un mosto con almeno 15° zuccherini che sarà concentrato fino al 30/50% in caldaie a cielo aperto con cottura di almeno 30 minuti a 80°C. In realtà la maggior parte delle aziende, come Acetaia Malpighi, sceglie un processo più lento e “dolce” optando per tempi anche di 48h a T° minori.

Ci vuole tanta pazienza…

Il mosto cotto avanza nel suo cammino dentro a tini dove rimarrà per circa 6 mesi. Qui avverranno reazioni di fermentazione zuccherina e ossidazione acetica ad opera di lieviti e acetobatteri naturalmente presenti nell’ambiente.

Terminata questa fase, il percorso procede in locali storici adibiti detti “Acetaie”, tradizionalmente soggetti ad escursione termica e quindi favorevoli per le reazioni di ossidazione acetica svolte maggiormente in questa fase. Qui il mosto è trasferito in “botticelle”, piccole botti di legni tipici di dimensioni a scalare, con un’apertura superiore coperta da un telo per ossigenare il mosto.

TIP: secondo la tradizione, veniva apposto sulla botticella un sasso del limitrofo fiume Panaro. Lo stesso, soggetto a lenta corrosione nel tempo, avrebbe donato al prodotto una lieve nota minerale e reso ancora più stretto il legame con il territorio

Le botticelle, disposte in ordine decrescente, numerate e contrassegnate, danno vita alle “batterie” e in ogni batteria sono presenti almeno 5 botticelle. Qui avverranno le fasi di maturazione ed invecchiamento seguendo il metodo solera (o tecnica dei travasi annuali).

L’obiettivo di questo metodo è sopperire alle perdite annuali per evaporazione ed equilibrare l’aspetto organolettico del prodotto. Si parte il primo anno calmierando all’80% tutte le botticelle della batteria con il mosto madre, proseguendo poi gli anni successivi rabboccando la più piccola della scala con il mosto della precedente e così a scalare fino alla botticella iniziale (botte madre) dove viene aggiunto il mosto cotto dell’anno corrente.

Le reazioni di fermentazione alcolica e ossidazione acetica, oltre alle altre trasformazioni durante maturazione e invecchiamento, sono fondamentali per la formazione del bouquet aromatico e dell’affinamento del prodotto.

Questi processi sono permessi grazie a fondamentali fattori ambientali come un’idonea ventilazione ed un corretto sbalzo termico, senza aggiunta di altri composti se non l’innesto della “madre” fonte di colonie batteriche.

Il prodotto che rispetta tutte le esigenze del disciplinare è sottoposto a verifica analitica ed organolettica dall’organo preposto.

Per poter parlare di “Affinato” si richiede una permanenza nelle botticelle di almeno 12 anni, mentre dopo 25 anni viene definito “Extravecchio”, concentrando ancora di più i sapori caratteristici.

Le bottiglie, numerate, vengono commercializzate negli esclusivi contenitori in vetro cristallino, di forma sferica e base rettangolare firmata da Giugiaro, con apposto il marchio DOP.

Al Tradizionale poi fanno seguito anche altri prodotti di qualità ma con differenti fasi di produzioni e minori tempistiche necessarie, abbassando la fascia di vendita e rendendoli accessibili a tutte le tasche.

Ne è un esempio l’Aceto Balsamico di Modena IGP: un prodotto tutelato da disciplinare con  proprie caratteristiche e differenti utilizzi.

Secondo la normativa, sosta almeno 60 giorni in botti di legno e comprende il 20% minimo di mosto d’uva cotto, cui aggiungere aceto di vino e caramello fino ad un massimo di 2% del volume totale, per stabilità colorimetrica.

Vorrei concludere questo viaggio nei meandri di un territorio e della sua storia, invitandovi a tavola: qui la ragione ed il cuore si incontrano per vivere un’emozione consapevole.  

Una poesia di equilibri va in scena tra una generosa scaglia di formaggio stagionato, su cui si distende sinuosa qualche preziosa goccia di oro nero tal quale, il Tradizionale: per descriverne le sensazioni vi lascio ascoltare la sinfonia dei prodotti, le parole ora sarebbero superflue.

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